Sicilia 2224. Intervista ad Elisa Raciti e Alessandra Rigano

Scritto da Antica Dolceria Bonajuto ,
il 17 Ottobre 2024

Designer, ma soprattutto creative senza porsi limiti ben definiti: Elisa Raciti e Alessandra Rigano  hanno co-fondato un “circolo ricreativo di design territoriale” dal nome AVAJA con cui realizzano e firmano progetti sempre molto fuori dai canoni tradizionali. Loro sono le autrici di una mostra che poco ha di convenzionale e che ha destato il nostro interesse riuscendo a colpirci per la capacità di proiettarci in un mondo lontano, incredibilmente vicino. Realizzata tra Isola Catania e Farm Cultural Park, Sicilia 2224 non espone, ma soprattutto propone: una riflessione su un futuro che è più presente che mai. Per realizzarla hanno attinto, anche, da una bibliografia di peso che vede tra i vari titoli La Restanza di Vito Teti e Il Pensiero Meridiano di Franco Cassano, ma anche Fare Mondi. Vademecum per Emissari di Ian Cheng.

Per entrare nel mondo di Sicilia 2224 abbiamo rivolto qualche domanda, ma l’invito è quello di “partecipare” a Sicilia 2224, in mostra presso la Farm Cultural Park di Favara (AG) fino al giugno 2025.

Sicilia 2224 è una mostra che non espone, ma propone. Potreste darmi una vostra definizione, ora che è passato qualche mese, di questo progetto che poco ha di ordinario?

Elisa • L’obiettivo di Sicilia 2224 è per noi molto chiaro, è stata una delle prime cose che abbiamo buttato giù quando abbiamo cominciato a lavorare: creare un racconto siciliano che sia poetico, immersivo, iconico, non nel senso “couture” del termine, ma che abbia un impatto a livello visivo; che sia estendibile: un mondo, un racconto, sul quale si costruisca ulteriormente e che possa raccontare alla comunità dei siciliani che restano la storia dei siciliani che partono, e viceversa.

Alessandra • Un racconto che possa parlare sia di chi rimane sia di chi va via, di chi è diversamente presente come diciamo noi, e nel quale queste due condizioni possano trovare un punto di incontro. Quello che abbiamo creato non è un racconto lineare, ma è il tentativo di creare un mondo.

E questo l’abbiamo fatto perché desideriamo che questo non sia un racconto finito, che sia un insieme di input, uno scenario nel quale chiunque si senta in qualche modo siciliano o siciliana possa trovare una propria maniera di sviluppare il racconto, una propria maniera di sperimentare.

Quindi  cosa “succede” quando si visita il vostro lavoro?

Elisa • l* visitator* si ritrova dentro il centro di smistamento del Ministero della Nostalgia.

Ci troviamo in Sicilia nel 2224 e tutti, arrivati alla maggiore età, sono obbligati ad effettuare il test della nostalgia.

L* visitator* è invitat* a fare questo test, che si sviluppa all’interno dell’installazione.

Alessandra • Il nostro lavoro si dispiega su due luoghi: uno a Catania e uno a Favara. L’esperienza che si ha è simile, ma non è la stessa. In realtà, le installazioni sono state pensate diversamente per ognuno dei due luoghi.

A Catania, si ha la possibilità di immergersi all’interno della propaganda di questo mondo, a Favara si può esplorare in maniera un po’ più concreta gli aspetti del test della nostalgia.

Che cos’è lo “speculative design” alla base del vostro progetto?

ElisaÈ sempre un po’ difficile spiegare cos’è lo speculative design, perché è una disciplina del design che ancora è considerata molto di nicchia anche nel mondo dei progettisti grafici e tra i lavoratori dell’arte. In parole povere facciamo fantascienza applicata a delle narrazioni che non sono solo classica narrativa o cinematografia. Non è un libro, non è un fumetto, ma è un processo creativo applicato alla disciplina del design, nel nostro caso, del graphic design.

AlessandraSi utilizza per svincolarsi dagli immaginari del presente, che molto spesso sono portatori di stereotipi e schiacciano la possibilità di progettazione e di creazione.
Serve a spostarsi nel tempo, nello spazio, per trovare delle nuove soluzioni e dei nuovi racconti. A portare oltre ciò che riteniamo possibile.

Elisa • A parte creare spazio per un dibattito e per una discussione, lo speculative design è un approccio, che abbiamo fatto nostro per creare quella poetica di cui parlavamo all’inizio.
Perché ici siamo rese conto che anche su temi complessi riusciamo ad agganciare chi ci sta ascoltando, rendendoli prospettive con le quali identificarsi.

Cos’è successo in questi mesi di vita del progetto?

Alessandra • Un test restituisce il messaggio alle persone in una maniera differente dal leggere un insieme di contenuti su un muro. Invita a farsi delle domande e posizionarsi rispetto allo spettro che stiamo offrendo, questo spettro che è anche fortemente polarizzato. Il fatto che le persone si posizionino e che si portino a casa questo ragionamento, è per noi la parte più interessante.

Parlando di quello che succederà: stiamo preparando una pubblicazione che sarà pronta per dicembre per cominciare ad estendere e sistematizzare questo racconto.

Un accorgimento al quale teniamo è pubblicare in Creative Commons lo scenario futuribile che abbiamo creato. Vorremmo pubblicarlo anche online e invitare chiunque vorrà, rimodellarlo, remixarlo e visualizzalo: estenderlo appunto.

ElisaFino ad adesso, il riscontro che abbiamo avuto è stato quello di persone che, sicuramente di età diverse, di generazioni diverse, si sono sentite raccontate da questa scelta.

Che cosa vuol dire essere siciliane, per voi?

Elisa •  A questa domanda si può rispondere in tanti modi. Sicilia 2224 è una delle possibili risposte. Essere sicilian* vuol dire dover essere mess* davanti a una scelta. Continuare a vivere la propria terra da lontano o da vicino? Il nostro interesse principale, che ci muove da sempre, è quello di creare nuove narrazioni che ci raccontino. Sia ad un livello collettivo che individuale.

Alessandra • Ed è molto importante per noi che questa risposta sia una risposta collettiva. Noi possiamo rendere visivamente e concettualmente il nostro punto di vista, possiamo porci come facilitatrici, generare spunti, nuovi piccoli pezzi di immaginario. Ma è molto importante per noi che questa risposta non sia una risposta chiusa, ma sia una risposta in divenire.


Crediti fotografici: Giorgio di Gregorio / Avaja

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